Mi sono avvicinata all’arte di Ross Bleckner pensando che ritraesse fuochi fatui o e entità squisitamente indistinte.
Beh, avevo un po’ ragione: in alcuni suoi periodi artistici i suoi soggetti preferiti erano mitocondri o cellule ematiche umane, viste da un punto di vista estremamente intimo e personale: il proprio microcosmo.
I suoi compagni di università erano Sol Le Witt e Chuck Nose. Fa parte di quella fucina di artisti Newyorkese che ruotava intorno a Julian Schnabel e l’edificio di Tribeca e il Mudd Club.
L’indagine materica è originale: spesso usa pittura ad olio su lino per esprimere la sua micro-cosmica visione della vita, fatta di entità fluttuanti ed effimere.
Ma è la connessione tra il suo operato e le sue azioni che lo rendono unico: Ross Bleckner è malato di AIDS, dagli anni 80, quando ne aveva 30. Ne parla e sublima questa malattia nel suo lavoro.
Dall’intervista di BigThink:
Domanda: Qual è l’impatto emotivo della tua malattia?
Ross Bleckner: L’emotività che si afferma ogni volta che si ha a che fare con qualsiasi cosa, che si tratti di politica o di salute o di problemi psicologici personali, assomiglia sempre al tuo lavoro. (…) Sai, ho passato un periodo in cui la mia gamma emotiva era il mio lavoro. Mi sono concentrato davvero sulla microbiologia e gli elettroni, sai, come fare ricerca con microscopi elettronici.
E, infatti, rendendo le immagini estremamente realistiche ritraendo le cellule mentre si dividono, esprimevo il mio senso di fragilità.
Sai, si tratta alla fine della nostra pelle, della nostra coscienza. Ed è veramente una membrana.(…) Penso che la tristezza con la quale sono tornato a casa dall’Africa sia ancora da comprendere. E non so ancora come la recupererò e come la farò circolare di nuovo nel mio lavoro
Ma io non voglio fare quadri tristi, non voglio fare neanche una pittura felice: il mio obiettivo è quello di realizzare dipinti in cui mi sento spiritualmente generoso. E in qualche modo portare (…) la felicità nel mondo e un qualche tipo di gioia, e una sorta di ottimismo e usvariate tipologie di speranza, proprio come ho visto in quei ragazzi.
Ross Bleckner infatti nel 2009 è andato a Gulu, in Uganda, per lavorare con gli ex bambini soldato. Insieme ad essi ha creato ritratti e dipinti, che sono stati venduti tramite un’associazione benefica delle Nazioni Unite. Ne è stata ricavata anche una mostra: “Benvenuti a Gulu”, in Lehmann Maupin Gallery. I proventi raccolti sono stati utilizzati per aiutare le Nazioni Unite per fermare traffico di esseri umani in Uganda.
A tal proposito il signor Bleckner ha detto che, quando i funzionari delle Nazioni Unite gli si avvicinarono, gli chiesero se pensava che l’arte potesse svolgere un ruolo utile nel richiamare l’attenzione sulla piaga del traffico di esseri umani, che ancora riceve troppo poca attenzione, nonostante l’uso diffuso dei bambini in molti conflitti in Africa.
“E io dissi loro che se l’arte non può eseguire un ruolo del genere, quindi non ha alcun ruolo”, ha detto Ross.
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