Nel ricordare Nanda Vigo, scomparsa il 15 maggio 2020, nella tristezza assoluta di aver perso una donna dalle risorse concettuali e artistiche di grande levatura, mi consolo sapendo che la sua celebrazione più importante è avvenuta l’anno scorso. La mostra “Light Project“, infatti, si è svolta nel 2019, a Palazzo Reale a Milano.
Nanda Vigo è una figura fondamentale per l’arte contemporanea italiana. Io sono grande, ho quarantaquattro anni, e i tempi in cui divoravo manuali di storia dell’arte erano legati agli anni novanta e primi anni duemila, tra studi superiori e università.
Quanto ho studiato sul gruppo Zero! Su Manzoni, Fontana, su Mack, su Castellani… Nel tempo, per fortuna, e divincolandosi dalla misoginia che ha accompagnato la storia dell’arte come altre aree culturali, si scoprono figure d’artista di spessore unico e incomparabile. La Vigo diffondeva con tenacia e forza il suo proposito artistico già negli anni sessanta o settanta. Scopro poi che le sue azioni, le sue parole, le sue indagini creative dicono tanto ora come allora, e mi chiedo perché la loro bellezza e la loro arte vengano celebrate così in ritardo. Ricordate il mio articolo su Yayoi Kusama? Credo sia successo qualcosa di analogo a Nanda Vigo.
La prova? La retrospettiva del 2019 è la prima assoluta che un’istituzione italiana dedica a questa icona della storia dell’arte.
“Ricorda che sono nata – come molti altri – in una cultura dominata dagli uomini. Non c’era altro modo: o sviluppi un personaggio forte o niente. E l’ho sviluppato per l’amore del mio lavoro “.
Nanda Vigo Light Project:”La luce va seguita senza opporre resistenza. Non potrà che illuminarci”
Sono sempre stata attratta dagli artisti che utilizzano la luce come materia per creare. Ciò che ha approfondito Nanda, come artista ma anche come interior designer e architetto, è stata la capacità di modularla e canalizzarla dritto dritto le nostre emozioni.
Nanda Vigo Light Project, mostra che è stata accolta l’anno scorso d’estate, a Palazzo Reale, ne ha celebrato il percorso artistico con un’esibizione che, a detta della stessa artista, è celebrazione sincronica e diacronica. Nanda Vigo la definisce, in un’intervista-video che vi allego sotto, una mostra antologica e cronologica. Attraverso le undici stanze che il primo piano di Palazzo Reale ha dedicato all’artista meneghina, si ripercorrono, ambiente dopo ambiente, i topoi più importanti e meglio approfonditi della grande artista appena scomparsa.
Credo che il traguardo più importante raggiunto dagli studi espressivi della Vigo, più personali e avveniristici, sia quello che indaga sulla costante Spazio-Luce-Termpo. Quel tipo di lavoro che ha dato origine alle sue proposte concettuali più ricorrenti: i cronotopi (da chronos-tempo e topos-luogo comune). Quello che fa della Vigo una figura granitica dell’arte italiana, e si tratta di un lato della sua attività che io apprezzo tantissimo, è la coerenza assoluta con le sue idee e ideali nel tempo.
Il manifesto dedicato al suo intento artistico più insistente nelle sue indagini, ha già forma e struttura codificate nel 1964.
La sua tenacia e chiarezza di intenti l’hanno portata a creare, nel 2019, un ambiente esattamente come l’aveva progettato, con l’ausilio della nuova tecnologia e ottenendo un’esperienza immersiva che credo l’abbia fortemente compiaciuta.
Sento molto vicino il suo messaggio: vorrei diffonderlo il più possibile, ma mi rendo conto che non è facile far capire a parole che il suo obiettivo era rendere l’immateriale avvertibile e elevare la connessione con la materia con indagini spaziali e luminose.
Mi piacciono tantissimo alcune frasi di un articolo di YourOwnGuide.com che riporto per intero:
“Questo ambiente (il cronotipo ndr), in particolare, esprime la quintessenza del modo di intendere l’arte di Nanda Vigo: una situazione esistenziale che consenta di vivere esperienze trascendenti, andando oltre la materialità del quotidiano per riuscire a percepire fisicamente – per quanto possibile – una realtà più alta, una sintonia universale attraverso la contemplazione, la smaterializzazione, la comunione con il “tutto”.”
Qualche altra considerazione su Nanda Vigo
Prima di scrivere questo articolo mi sono posta un obiettivo: non volevo parlare della sua amicizia (molto proficua artisticamente parlando) con Lucio Fontana, o con Gio Ponti. Vorrei che ci si concentrasse su di lei, e sulla sua voglia di far elevare i nostri sensi, allenandoci con la percezione della luce da lei modulata.
Come donna, e per essere ascoltata, si è circondata di persone che facessero lo stesso percorso artistico. La vedo, forte e decisa, mentre si carica in macchina capolavori del gruppo Zero per organizzare e allestire la famosa mostra del 1965 nello studio di Lucio Fontana a Milano, con la partecipazione di ben ventotto artisti. Credo che una donna artista abbia dovuto fare il doppio della fatica di un uomo per essere considerata.
In questo video, girato a settembre scorso, questo aneddoto e tanto altro.