Un capitolo della storia dell’arte è stato scritto: lo celebra “Soul of the sea” di Eron
Ho due motivi per commuovermi davanti a ciò che è successo a Roma questo sabato.
Vi racconto il primo: è stata realizzata un’opera di Eron dedicata al dramma dei migranti che, come lui sa fare, sintetizza simboli e significati in una nuvola di bellezza e abilità grafica disarmante. Il nome è tutto un programma: “Soul of the sea“.
La “penna” di Eron vive su un oggetto che ritengo bene semioforo ovvero portatore di segno e di storia.
La struggente fusione tra esso, i volti di persone e di bambini con cui è stato dipinto e il dramma che cela (è un relitto legato ad un naufragio di migranti recuperato a Rimini dalla Croazia) irrompe nel cuore come un tuono ricordandoci ancora una volta che è spesso compito dell’Arte metterci davanti alle nostre responsabilità umane.
Spesso mi chiedono: “Come fai a distinguere l’arte contemporanea vera da quella finta? Cosa significa Arte contemporanea?”
La risposta è una sola: l’Arte è tale quando risiede nel divino che c’è in noi. Quando lascia un messaggio che risuona e che ci connette con i “Piani alti” delle emozioni e della coscienza. Che può essere legata a temi così importanti o far vibrare le corde di gaudio personale semplicemente con la bellezza, quella vera, o fare quel “click” concettuale legato alla storia dell’opera, che io amo accostare alla tecnica di Andrew Stanton .
Ebbene, Eron dipinge volti e anime di migranti sullo scafo, ma nel mio cuore, semplicemente, con il suo spray, “colora” e fissa la vita che ha vissuto, anche se per poco su quello scafo e che ancora aleggia intorno ad esso.
Imprime nella memoria e nella nostra coscienza la grande caratteristica storica di questa era, dove c’è chi fugge da una realtà impossibili e chi respinge.
Eron ha lavorato finemente sulla testimonianza di questo dramma, sulla sofferenza che orbita intorno alla fuga e al dolore mediando con la sua abilità e la ricerca concettuale legata ai simboli reali. Essi si arricchiscono di sfumature persistenti e travolgenti come i volti di madri e bambini.
Questa è un’opera che sbatte in faccia all’ignoranza la forza dell’ingiustizia, della paura, della sofferenza, eppure la bomboletta di Eron ci infonde anche tanta dolcezza. Il suo sfumato e la sua delicatezza addolciscono la pillola. Basta spostare lo sguardo lontano dal volto dei bambini, però, per vedere come le sfumature della ruggine, anch’esse opera di Eron, ci riportano ad una realtà cruda e difficile. Dove anime e creature simili a noi diventano esse stesse relitto e rifiuto, e “Soul of the Sea” rivela questo spaccato con una tale intensità da non riuscire a dormire la notte.
Vorrei che quest’opera fosse esposta perennemente agli occhi così ciechi dell’ intolleranza. Potrebbe aprire loro le porte del cuore.
Grazie Eron.
Il secondo motivo per cui mi commuovo: la “street art” è ufficialmente arte per la Treccani
Il convegno a cui Eron è stato invitato per realizzare “Soul of the sea”, sabato 9 aprile, era organizzato all’interno del palazzo dell’istituto enciclopedia italiana, la storica Treccani. L’obiettivo del convegno aperto al pubblico era la “storicizzazione dei graffiti, dell’arte del writing e della street art”.
Ci sarebbe da scrivere, secondo me, un libro solo su questo.
La street arte e tutto il mondo dell’arte urbana, quella che vive nelle strade, quella che viviamo e sentiamo tutti i giorni intorno a noi è finalmente etichettata a dovere come Arte?
E dove finiscono i confini tra strada e museo, tra vissuto e conservato? Parlerò presto di come l’arte di strada faccia fatica a stare dentro quattro mura o quanto sia inutile classificare o etichettare. È un arte talmente legata al contesto in cui nasce che solo cambiare prospettiva temporale o logistica rende nullo o meno potente l’istinto con cui essa è creata.
Ma esiste un essenziale lato positivo in tutto ciò: l’Arte è riconosciuta anche se “irriverente” anche se immediata, istintiva, soprendente e spontanea come l’arte di strada. L’arte è sempre più un mix di performance, contesto sociale, luogo, densità mediatica e reazione del pubblico: sono sempre più i fattori che fanno dell’opera d”arte bene semioforo portatore di significato degno di essere tramandato, studiato e capito.
In sintesi, il fatto di organizzare un convegno in Treccani per stabilire che tutto ciò è Arte, è stato un avvenimento che mi ha riempito di grande felicità.
Foto tratte da Repubblica
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