Quando scrissi di Anthony Howe, parlai di scultura della quarta dimensione, in questo caso il movimento. Ma anche la neon art ha tutte le prerogative per amplificare altezza, profondità e lunghezza dell’opera e arrivare direttamente al cuore.
Neon Art: un fascino sempre attuale
Fin da quando decisi la tesi all’università, l’argomento “sculture di luce” era sempre in prima linea nei miei interessi.
La luce è materia plasmabile capace di emozionare profondamente. L’opera d’arte contemporanea si estende dall’oggetto in sè verso la reazione e l’atmosfera che genera. La luce è un fattore che si aggiunge alle “materie prime” artistiche nell’ultimo secolo, specialmente con la neon art.
Ci sono tre opere (e tre artisti) che hanno generato opere d’arte di luce che mi hanno sempre affascinato e di cui voglio raccontarvi qualcosa in più.
Lucio Fontana – Neon sospeso alla Triennale di Milano nel 1951 – uno dei primi esempi di Light Art
Non si può esaurire in un post la scoperta della “gestualità” nell’arte, che vede proprio in Lucio Fontana un grande precursore, composta da indagini spaziali e materici molto arditi e profondi.
Quello che mi piace sottolineare, è che questa forma di neon art deriva da un approfondimento riguardo la tecnica fotografica.
Durante un incontro tra il fotografo Gjon Mili (che ha generato immagini meravigliose e intime riguardo la vita dell’artista), Pablo Picasso viene affascinato dalle sue sperimentazioni di tecnica fotografica, in particolare di quelle legate al movimento.
Gjon Mili in effetti ha attaccato una lampadina ai pattini di un’atleta, disegnando in foto i volteggi del suo movimento.
Questa indagine ha talmente affascinato Pablo Picasso da convincere il grande fotografo a ritrarre anche lui mentre disegnava con la luce. Da qui al neon per la triennale il passo è breve: Picasso ha cercato di imprigionare il movimento nella luce, creando uno dei primi esempi di neon art.
Joseph Kosuth: “Four Colors Four Words” – 1966
“Il ‘valore’ di particolari artisti, dopo Duchamp può essere pesato in base a quanto hanno messo in dubbio la natura dell’arte.”
– Joseph Kosuth, Arte Dopo Filosofia e Dopo: Collected Writings, 1966-1990
Joseph Kosuth è disarmante e predispone un nuovo orizzonte nel mondo dell’arte.
Un disorientante punto di vista che solletica l’attenzione dello spettatore verso la “nudità” semplice di concetti e di narrazione insiti nelle cose.
La contemplazione della bellezza e del fiorire delle emozioni scaturisce naturale e necessita di purezza di linguaggio come, allo stesso modo, purezza di vedute. L’emozione deve germogliare pura quasi senza riflettere per l’arte concettuale che risiede, appunto, nel concetto.
“For Colors Four Word” per me è di una bellezza devastante.
Dan Flavin – Installation at the Richmond Hall – The Menil Collection
Adoro la storia personale di Dan Flavin. Il suo carattere mite, la sua formazione seminaristica e molto spirituale.
Quest’ opera è una della ultime, Flavin muore infatti nel 1996 per complicazioni e malattie varie per lo più legate al diabete.
La sua neon art risale agli anni della sperimentazione materica specifica, ovvero negli anni 50, dove si cominciava ad indagare sulle sculture di luce. Tuttavia la maturità della sua opera, la fase per me più bella, si percepisce negli anni novanta. In questi anni egli intinge di emozioni, di ritmo e di sfumature grandi ambienti come la Hall Richmond (Collezione Menil) oppure il Solomon R. Guggenheim Museum in occasione della sua riapertura.
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