Non ho ancora mai scritto della Biennale di Venezia, per tanti motivi. Come sapete sono spinta a scrivere solo nel momento in cui ritengo che qualcosa di “creativo” serva a evolvere, non a celebrare. Ecco, credo che la Biennale di Venezia 58 edizione, sia diversa. Credo che affronti il cambiamento nel mondo dell’arte nella stessa identica direzione che vedo io. E studiando attentamente il materiale stampa scaricato dall’area press, ho ricevuto le conferme che cercavo. Ecco alcuni motivi per cui alimento questi pensieri.
Biennale di Venezia 58: la dichiarazione di Ralph Rugoff e “May live in interesting time”.
Il curatore della Biennale quest’anno è Ralph Rugoff. Questo nome mi risultava sconosciuto, e ho cercato di capire chi fosse, e se potesse infondere quelle note di “attualità” e “profondità” a questa grande manifestazione che è un po’, a mio parere, parentesi indecifrabile (ai più) di ciò che la libera espressione umana cerca di dire al mondo. Mi spiego meglio. A volte il linguaggio artistico e le opere all’interno della Biennale sono un ridondante miscuglio di curriculum, titoli, codici elitari, esercizi concettuali, virtuosismi manieristici che non parlano lingue comprensibili e digeribili all’umanità. E che l’allontana. Molti ritengono ancora che più il proposito artistico sia elitario e lontano dalla comprensione volgare e più ciò si avvicini all’idea di arte, così vetusta, che ancora aleggia in manifestazioni come questa.
Spesso ci si arma di infrastrutture e di ridondanze che, a mio avviso, allontanano la vera arte, quella in cui credo, quella che è spinta dalla necessità di far evolvere anime e intelletti. Quella di cui parlo sempre, quella tramite la quale si diventa persone migliori. Un piccolo passo avanti, secondo me, è stato fatto da Christine Macel, che ha saputo portare nuovo pubblico all’edizione 57 (615mila visitatori, con un range d’età più basso, del solito), ma il “dialogo” con le persone a mio avviso non era ancora aperto.
Leggendo su Rugoff, noto subito che è laureato in semiotica. Non mi interessano altri titoli. Se è stato scelto il suo curriculum sarà sicuramente di valore. Ma la semiotica, si sa, dà valore e interpreta i simboli, le icone. Dà forza alle metafore racchiuse negli oggetti, e ciò presagisce a qualcosa di buono.
Il bisogno di “attualità” che sento essere fondamentale per vivere un’esperienza artistica di valore alla Biennale, e non solo esercizio stilistico e concettuale, è subito confermato dal titolo scelto da Rugoff per quest’anno. “May You Live In Interest Time” è sicuramente un titolo provocatorio, dato che si tratta di un proverbio – maledizione cinese usato da un parlamentare inglese per descrivere il periodo storico legato all’ingresso delle truppe tedesche. “Passiamo da un crisi all’altra”, dichiara il parlamentare Chamberlein. “Subiamo disordini e schock continui”. Eccoci riportati al caos di oggi, al fiato corto davanti i problemi narrati dai notiziari, non avulsi di fake news altamente disorientanti.
Mi piacciono queste parole di Rugoff:
Mi sembra un titolo adatto a una mostra che, almeno in parte, si chiede come funzioni l’arte in un’epoca di falsità e bugie. Allo stesso tempo, mi auguro che l’arte possa fornirci gli strumenti per ripensare le possibilità dei ‘tempi interessanti’ in cui stiamo vivendo, e trasformare così questa maledizione in una sfida da affrontare con entusiasmo. Molte delle opere esposte in questa sede, affrontano le tematiche contemporanee più preoccupanti, dall’accelerazione dei cambiamenti climatici alla rinascita dei programmi nazionalisti in tutto il mondo, dall’impatto pervasivo dei social media alla crescente disuguaglianza economica.
Attualità e dialogo con le persone dal punto di vista empatico e artistico alla Biennale di Venezia 58 edizione
Secondo Rugoff, le opere della mostra non raccontano i nostri tempi come la tv o i notiziari, ma hanno funzione catalizzatrice perché sintesi dei fatti con l’apporto prezioso della coscienza umana.
Rugoff dà valore ai simboli da bravo semiologo e afferma che “la forma stessa attira l’attenzione su ciò che nasconde e sugli scopi perseguiti dalla opere“. Forma, concetto, attualità.
Manca una tassello fondamentale per me, quello per cui è nato questo blog e quello che contraddistingue l’arte vera dal “vuoto” e dal “vecchio” artistico: l’elevazione intellettuale, il dialogo con le coscienze.
Leggete cosa scrive Rugoff nella sua dichiarazione:
Come hanno suggerito molti pensatori e artisti negli ultimi centocinquant’anni, le opere d’arte sono transazioni collaborative. L’artista imposta i parametri iniziali di questo processo, ma sono le reazioni e le interpretazioni associative dello spettatore a farne proseguire lo sviluppo. Tutti gli artisti che partecipano a questa mostra sono stati selezionati perché la loro produzione, in qualche modo, riconosce l’apertura di tale scambio, prende sul serio il ruolo dell’arte come catalizzatore che invita al dialogo, lo stimola.
Non potrei essere più d’accordo. L’arte è capro espiatorio dell’evoluzione del pensiero. Qualche riga più in là Rugoff scrive anche che l‘aspetto più importante di una mostra non è ciò che accade tra le mura dell’esposizione, ma quello che ti porti a casa. Dopo essere stato a contatto con arte vera non sarai più lo stesso. Innesca un processo attraverso il quale il pensiero evolve, accompagnato da emozioni e prese di posizione.
Dunque visiterò questa biennale che sa di nuovo. Finalmente. Soprattutto dopo una grande conferma a tutto ciò che ho scritto sopra: l’opera di Christoph Bügel, “Barca Nostra” interpreta, secondo me, esattamente ciò che intende Rugoff sul valore della forma e sulle sue sfumature immateriali, sullo scuotere delle coscienze sul parlare al subconscio, non lasciandoti la stessa persona di prima.
Ve ne parlo tra poco, nel prossimo articolo.