Mentre preparavo la tesi comparando il mondo di Sol Le Witt oltreoceano e quello dell’arte povera di Germano Celant, lavoravo già in un’hotel ricco di spunti per l’arte contemporanea. Ne ho parlato già raccontando Fabrizio Plessi. Ebbene, ebbi la fortuna di toccare con mano, anche un simbolo ricorrente nell’arte di Eliseo Mattiacci, scomparso un paio di giorni fa e lasciando un bel vuoto nell’arte italiana.
Quel tipo di arte che prende vita e forza dai meravigliosi anni settanta, dove ancora i veri critici si ponevano come “traduttori” indispensabili di linguaggi multiformi come quelli degli artisti che si sentivano di rappresentare. Un Germano Celant per l’arte povera per intenderci, e un Achille Bonito Oliva per la Transavanguardia.
Ma, tralasciando una vena nostalgica che assapora con desiderio il fermento artistico che ribolliva intorno all’arte povera, con relative sfumature personali, come quella di Pier Paolo Calzolari, ad esempio, oggi cerco di parlarvi di Eliseo Mattiacci e il suo proposito artistico, che si avvicina ad una celebrazione dei simboli e degli archetipi e che connette con interpretazioni semiotiche il cielo con la nostra dimensione.
La luna, gli astri e le spirali di Eliseo Mattiacci
La Luna che vedete nell’immagine in evidenza è l’opera che è stata installata, su una superficie con applicazioni d’argento, nell’hotel dove lavoravo. Si tratta di una fusione di alluminio e antimonio e assomiglia molto a questa tipologia di spirale. Il fuoco ha forgiato la materia, trasformandola in simboli esclusivi e ricchi di messaggio.
Il movimento è sempre stata prerogativa della sua indagine. Questo è un disegno preparatorio del grande trittico a Reggio Emilia, “Danza di Arti e Stelle“, presso la Fonderia (Fondazione Nazionale della Danza in via della Costituzione), più conosciuta come Aterballetto.
Se riuscite a decifrare la sua scrittura, trovate queste parole:
“La spirale ha un principio e la sua dinamica si espande verso l’infinito. Onda cosmica all’altezza degli occhi, all’altezza di una persona in piedi.”
Si tratta di tre grandi lastre, dieci metri per due, che dialogano con le entità spaziali, attraverso energie sottili che non tutti possono avvertire, ma chi le ode le sente bene.
Credo che il suo intento di far dialogare cielo e terra, attraverso le sue interpretazioni artistiche prima, e il loro ricordo nel cuore e negli occhi di chi le ammira e le “sente” poi, sia stato più che raggiunto.
Trovo molto interessante il commento del critico Sergio Risaliti, in occasione dell’inaugurazione dell’ultima importante rassegna (da lui curata) di mia conoscenza dedicata all’artista. A Firenze, dal 2 giugno 2018 al 14 ottobre 2018, presso il Forte di Belvedere, era stata organizzata “GONG“:
“…offrendo all’ammirazione di cittadini e turisti le opere di uno tra i grandi maestri del nostro tempo, creatore di forme scultoree e tracciati grafici che hanno la forza di coniugare la dimensione del materialismo con quella del sogno metafisico, il mondo ctonio e quello degli infiniti spazi. Una traiettoria quella di Mattiacci di coerenza e di libertà esemplari, di generosa resistenza e lirica potenza, una presenza indispensabile alla storia dell’arte a partire dai primi lavori con i quali ha sposato, da artista e poeta, il lavoro della terra e la tecnologia con la riattivazione dei miti e la contemplazione degli astri (Scultura lunatica, 1962). Per giungere alle sue opere e installazioni più recenti con le quali l’artista marchigiano ha voluto consegnare al mondo la sua idea di cosmo, proseguendo un viaggio di scoperta e di meraviglia all’interno della natura e dell’universo che accomuna Lucrezio e Galileo Galilei, Giacomo Leopardi e lo stesso Mattiacci, poeti e artisti di ieri e di oggi”.
Per rendersi conto della bellezza e dell’imponenza della mostra, ecco un video che ben dimostra come le opere di Mattiacci siano catalizzatrici di messaggi. Sembrano esposte a entità a noi sconosciute, e la beffa è tale che chi le ammira si immagina, sente, che esse siano oggetto di una contemplazione condivisa, dallo spazio e dai nostri occhi.
“Mi sento attratto dal cielo con le sue stelle e pianeti e, al di là, dalle nostre galassie, è una immaginazione che va oltre, come a voler sfidare la fantasia stessa, come in un sogno. Mi piacerebbe lanciare una mia scultura in orbita nello spazio. Sarebbe davvero un bel sogno sapere che lassù gira una mia forma spaziale”. Eliseo Mattiacci
Forse nello spazio no, ma nel nostro cuore sì, e lo sarà per sempre.