Sono emozionata, sì. Grazie alle splendide foto di Federico Sordi, che ringrazio, e ad un lungo post su Facebook dello stesso Gomez, ho la possibilità di scrivere due righe sul meraviglioso capolavoro a Marcellina di questo grande artista.
Scrissi già di lui, quando partecipai alla seconda edizione di Anime di Strada, nel 2016. Ho aperto il back-end del mio blog tante volte per parlare del Museo della Mente oppure di 2914, l’opera dedicata i terremotati dell’Irpinia creata per la biennale Angelo Garofalo, nel 2016. L’ho già affermato e ribadito: Gomez per me è l’artista contemporaneo fatta persona, che sublima in un vorticoso incalzarsi di talenti la filosofia dell’arte urbana (quella che concede un significante al luogo dove è creata) e quella metodologica contrassegnata dalla padronanza materica, la lavorazione della luce, il plasma dei volumi e soprattutto la descrizione tangibile dell’Anima.
Il nuovo intervento conclude “La miniera d’oro” ovvero la trasformazione artistica della vecchia miniera con la reinterpretazione dei vecchi volti di minatori, contadini, pastori e bambini dei giorni nostri.
La miniera d’oro, di Romolo Belvedere
L’opera è inserita in un progetto ampio, complesso, che si chiama “La Miniera d’Oro”. Un’opera finanziata dal Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili con la finalità di riqualificare l’ edificio ex CIDI, sito di Archeologia Industriale. Il concept dell’opera nella sua totatlità è dell’architetto artista Romolo Belvedere. L’attività è stata possibile grazie alla stretta e proficua collaborazione tra Ente Parco e Comune di Marcellina. Gomez, quindi, rende omaggio a Teodora Fornari (l’anziana signora dipinta sulla fornace, che ha lavorato nella cava per tutta la vita), e riporta sui silos le “facce di pietra” riprendendole da un reportage fotografico di Romolo Belvedere realizzato nel 1980 in cui sono ritratti minatori, contadini, pastori e la collettività tutta, uniti al contemporaneo volto di una bambina che trascina memoria e speranza.
Grazie alla sensibilità della Soprintendenza di Roma, l’opera “La miniera d’oro” renderà omaggio a tutte quelle persone che hanno lavorato e sofferto in questo territorio presso l’Altoforno dell’ex cava C.I.D.I., abbandonato fino ad oggi a se stesso.
Romolo Belvedere ha compiuto un metaforico miracolo: ha tramutato alcuni sassi della cava in gemme d’oro. Una metafora commovente che inneggia alla memoria di coloro che hanno vissuto, faticato e sofferto all’interno dell’edificio.
“Il progetto – spiega Romolo Belvedere – nasce dalla volontà di riaffermare questi luoghi per la loro giusta valenza. Il file rouge del progetto è sicuramente radicato nella voglia di Amare il proprio territorio con l’obiettivo di farlo rivivere, riscoprire, apprezzare e far conoscere la storia e le sue bellezze anche attraverso altri interventi di Land Art sulla Miniera.
Le voci delle pietre, Gomez racconta una storia a Marcellina, Roma
Ho avuto l’onore di scambiare qualche messaggio con Luis, e con Federico Sordi, con il quale condivido la grande passione per Gomez e tutto ciò che fa e che scrive. Luis scrive benissimo, e la sua penna scivola come il suo pennello: riesce a cogliere sfumature e sentimenti così come fa con la sua pittura.
Mi sono quindi innamorata del capolavoro di Marcellina, appena ultimato. Come farà il reattore dipinto da Guido Van Helten a Cernobyl, i volti dipinti sulla ex cava CIDI parleranno ai cuori di chi guarda per sempre.
Sublimare nell’opera d’arte un messaggio è un modo sicuro ed efficace per rendere eterni voci (e in questo caso volti) che non apparterranno più all’effimero ma saranno resi tangibili per sempre.
La cava CIDI è un ex cementificio che risale agli anni venti. Un momento in cui le feroci velleità industriali inflitte alla Madre Terra non facevano molto chiasso, e l’uomo, credo molto più di ora, si prendeva ciò che voleva, senza riserve. E così, la Sabina “viene ferita nell’anima e nel paesaggio”, e forse non sa neanche ora bene cosa sia successo.
Un’azienda che è “fonte di vita, per il lavoro che forniva, che si trasformava in matrimoni, in bambini e in futuro”, che ad un certo punto viene dichiarata fallita. E per riqualificare il territorio l’Ente Parco Monte Lucretili fa rientrare questo progetto come un un piano di riqualificazione territoriale.
Il nuovo intervento conclude “La miniera d’oro” ovvero la trasformazione artistica della vecchia miniera con la reinterpretazione dei vecchi volti di minatori, contadini, pastori e bambini dei giorni nostri, accanto a Teodora, ultimata nel 2016.
I volti del lavoro, i volti della speranza, le voci delle pietre di Gomez
Ed ecco che arriva Gomez. Arriva colui che sa disegnare l’anima, la luce, il sentimento. Colui che si spende su un capolavoro enorme, per dare voce e condensare le essenze di chi ha dato “respiro” alla fabbrica per tanti anni.
“Io ho celebrato le rughe sulla pelle, gli sguardi, l’intensa bellezza delle persone che ho dipinto, ho reso allegoria il loro aspetto, ho idealizzato la memoria del passato sperando che rigermogliasse nel presente, ma non conoscevo le loro storie personali.
Volevo diminuire una distanza richiamando gli echi delle loro voci, che un tempo hanno dato respiro a quel gigante di cemento. Luis Gomez de Teran”
E quindi via libera alla sua arte, che fa del bianco e nero un arcobaleno di emozioni. Luis scrive come dipinge e se il pennello danza, le parole sono musica. Il ponte tra passato e futuro è costruito, e lo accompagna una accurata riflessione che sento profondamente mia: l’uomo, lo sfregio alla natura, la sua smania di prendere, per poi svanire e disintegrarsi nel suo essere e nel suo fare. Quasi lo compiango nella meraviglia dei volti di Luis, lo compiango nella sua fragilità e non-concludenza.
Un bambino capriccioso che si lascia amare per le sue contraddizioni, e la bellezza delle sue debolezze, delle sue vicissitudini. Esse lasciano intravedere tracce di un non so che di imperfetto e divino allo stesso tempo. Caratteristica umana per eccellenza.
Le voci delle pietre: Gomez nel volto di Laura parla di speranza
A soccorrermi da questa rassegnata e melanconica interpretazione sulla caducità dei progetti umani e sulla bellezza della fragilità degli intenti ci pensa Luis. Lui “timbra” l’opera con l’innocenza e il sorriso di Laura, la bambina a destra. Nel suo post su Facebook, lirico e commovente, la descrive come una persona che non ha bisogno di essere idealizzata, perché autentica e pura così come è.
Io credo che lui abbia ragione. Bisogna avere speranza, e vivere la vita alla ricerca perenne e decisa della sconfinata bellezza che ci circonda. Come quella del sorriso di Laura per la sua mamma.
“C’è però tra tutto questo dubbio una piccola certezza.
E sta nel sorriso senza denti di Lauretta, nel suo sguardo per la mamma che ha la malattia nel corpo, ma non nello spirito, nel suo coraggio da bambina, resa dalla vita più adulta degli adulti, sempre più democraticamente cinici, bugiardi, pigri e codardi.
Lauretta che pratica la gentilezza verso tutti e non conosce il giudizio né il pregiudizio.
La certezza che tra la massa spaventosa ci siano persone che non serve idealizzare, sono già meglio di come una musica possa cantare, un poeta scrivere o un pittore dipingere, ed è a quelle che vorrei ispirarmi” . Luis Gomez de Teran”Le voci delle pietre, Marcellina, Gomez