“Walls of shame”, di Sibomana, viene donata a Baobab Experience, e poi distrutta. Vediamo insieme perché.
Tanto lavoro, tanto da fare, tanto da “essere””. Il mio spazio, questo, da crescere. Con occhio al traffico mensile, all’engagement social, e coltivando quel desiderio di rendere la passione più grande per me, l’arte, un lavoro a 360°. Eppure mi sono bloccata. Ho riempito fogli exel su Drive di programmi e titoli per i miei post, e da tanto sono rimasti vuoti.
Eppure, so che c’è un senso in tutto ciò, e che la scintilla che guida la mia scrittura è viva e vegeta. È bastato scorgere un’ opera tra le pagine Facebook degli artisti che seguo per innamorarmi di nuovo, e sentire quella voglia di “vita” virtuale che mi ha fatto velocemente accingere alla tastiera. Le parole fluiscono veloci, e l’emozione è tanta, perché so che contribuirò a far vivere qualcosa che l’odio, l’indifferenza, la paura hanno già distrutto. Ognuno ha i suoi mezzi per spingere alla crescita, io ho il mio blog, la mia creatura virtuale, e sento che scalpita quando da diffondere ci sono situazioni del genere.
Come feci per le balene di Greenpeace, sempre a Roma davanti al Pantheon, oggi voglio rendere eterna l’opera di Sibomana, “Walls of shame“, creata per il centro Baobab Experience, che è stato smantellato proprio poche ore fa.

Non è questa sede per discutere su cosa sia giusto o sbagliato, ma io mi occupo di arte e da decenni affermo che l’Arte, quella vera, con la “A” maiuscola è quella che innalza l’uomo a evolvere il suo stato animico. Quell’arte che, dopo esserne stato a contatto, in minima parte di cambia e ti fa riflettere.
Il campo Baobab Experience non era abusivo, si trattava di un soccorso d’emergenza nell’emergenza e aveva un accordo con il comune, a detta del portavoce Cristian Raimo.
“Lo sgombero era nell’aria ma in realtà noi abbiamo un accordo con il Comune che si era impegnato a ricollocare tutte le persone che stanno qua: parlava di 170 posti in realtà fino ad oggi solo 65 persone hanno trovato posto in un centro”.
Parliamo di pasti, coperte, aiuti concreti a persone che non hanno niente. Uomini, come noi. Una realtà che conta ragazzi, giovani, che credono in un futuro fatto di tolleranza e di amore verso il prossimo.
Introduzione a “Walls of shame” di Sibomana
Per spiegare il significato dell’opera di Sibomana, di cui ho già parlato in un articolo dedicato alla sua permanente al museo Explora di Roma, è necessaria questa introduzione. Prima dello sgombero forzato, che è notizia di queste ore, qualche settimana fa, intorno a Baobab Experience, era stato eretto un muro.

Il significato dell’opera “Walls of shame” dalle parole di Sibomana
Nessuno come l’artista stesso può spiegare lo stormo di uccelli che parte, tramite una illusione ottica in prospettiva, dal centro dino al superamento del muro, per raggiungere la speranza di vita, e di giocarsi una seconda possibilità.


“”Muri di vergogna”
Installazione per Baobab Experience
Località: campo dei migranti Baobab Experience, Roma, Italia 2018
Questa installazione è la mia risposta a tutti i muri di separazione costruiti nel mondo. Le mura non ci divideranno, i muri non ci fermeranno, voleremo sopra di loro, liberi come uccelli.
“Baobab” è un campo di migranti informali a Roma. Il campo è stato istituito nel 2015 in un parcheggio dietro la stazione Tiburtina da attivisti e volontari.
Qualche settimana fa è stato costruito un muro attorno al campo. Per paura? Per odio? O per ragioni di sicurezza? Non lo so, ma sono stato colpito da questo nuovo evento, visto che mi sono offerto volontario durante mesi al Baobab per aiutare le persone che venivano da lontano a trovare un futuro migliore.
Questo muro mi ricorda alcuni momenti tristi della nostra storia del mondo, in cui la paura degli altri portava a situazioni di stigmatizzazione e rifiuto, come l’apartheid o l’antisemitismo degli anni ’40, e dei campi di concentramento in cui mio nonno fu inviato durante la seconda guerra mondiale perchè membro del movimento di resistenza.
Proteggi le persone e non i confini! Rompiamo i muri!”
Queste parole si leggono nella timeline del profilo Facebook di Sibomana. Una persona che ha servito all’interno di questo centro, e che vede “sgomberati” via i sogni di accoglienza, speranza e di amore che aveva coltivato.
“Walls of shame” viene distrutto durante la notte scorsa
Un messaggio così importante e leggero, così profondo, è stato distrutto la notte scorsa.
Non sappiamo se è stato un gruppo fascista, o semplicemente razzista, o una bravata di qualcuno che non sa che l’arte, in questo secolo, è quella che vive mantenendo ardenti i sacri fuochi del pensiero e della riflessione. Se penso all’amore che Sibomana ha infuso nella sua composizione di uccelli, alla bellezza degli stormi di storni danzanti, visibili proprio in questo periodo, alla quale probabilmente si è ispirato…mi rattristo molto. Ma posso consolarmi col fatto che internet, l’immediatezza della comunicazione attuale, la forza del messaggio possa ora essere ancora più potente, proprio perché denigrato. Renderò vivo nel tempo con questo articolo “Walls of shame”, invitando tutti a riflettere sull’uomo, in quanto tale, come fosse fratello; in quanto simile, come stessa essenza. E l’essenza non ha colore.

Crediti immagini_ Sibomana Artist
Ciao ..sono Martina..doppio dolore vedere l ‘arte calpestata..anche io avevo colto l idea di andare oltre quell’ orribile transenna e così stavo ultimando un tappeto “volante”di lana sulla ringhiera del baobabex ..an ch esso strappato nella notte dellpresgombero..Ma le idee nn si sgomberano e neanche l Amore✌🏾💞ciao