Dopo circa venticinque anni, sono tornata nel Bosco sacro di Bomarzo. Mi legava a questo posto una miriade di ricordi meravigliosi. Insieme al mio amato prof di Storia dell’arte Riccardo Gresta, e alle adorate compagne di scuola all’istituto d’arte di Riccione, l’abbiamo visitato, mi sembra in seconda. Era collegato ad un tour specifico sugli etruschi: le tappe erano Tarquinia, Viterbo e Bomarzo, appunto.
Il complesso monumentale del sacro bosco di Bomarzo non era certo posizionato nell’asse temporale etrusco. Risale infatti al 1552, ma essendo nel cuore del nostro itinerario, non potevamo non visitarlo. Ricordo benissimo la vertigine provata nella casa pendente, ma ricordo anche bene che il panorama non era lo stesso. Il Parco dei mostri era ricco di erbacce, non era delimitato da alcuna protezione e il rammarico di vedere tanta trascuratezza era in piena collisione con la consapevolezza che eravamo davanti a qualcosa di straordinario!
Lo stato attuale del Bosco sacro di Bomarzo
Aldilà degli 11 euro del biglietto per gli adulti, che ho pagato volentieri, mi è piaciuto constatare subito al nostro arrivo una realtà completamente diversa. Una biglietteria completamente bianca, personale gentile, una guida cartacea essenziale ma molto chiara. Pagare 11 euro per vivere una delle esperienze artistiche più insolite e uniche nel genere, è un piacere se vedi che il patrimonio è curato, protetto e tutelato. La nostra faccia dice molto sulla nostra soddisfazione.
Il bosco è comunemente chiamato Parco dei mostri per la presenza di creature grottesche e mitologiche. Quello che mi piace sottolineare, è che queste sculture, volute da Pier Francesco (detto Vicino) Orsini, nel 1552, sono state create su masse rocciose spontaneamente emerse dal sottosuolo per un sommovimento tellurico. La disposizione delle rocce quindi è stata “naturale”, e gli scultori hanno, in un certo senso, animato ciò che il terreno ha messo a loro disposizione.
Come potete immaginare, questo giardino è una vera rarità. Si differenzia completamente per stile e per concezione dai giardini tardo rinascimentali, che celebrano l’equilibrio, la simmetria e un geometrismo delizioso per gli occhi. Il Bosco sacro è stato ed è una perla che offre simboli, miti, una natura sconcertante che suscita grande meraviglia, ora, figuriamoci allora.
Le tracce della letteratura cavalleresca sono evidenti: il visitatore è avvolto da un percorso irregolare che propone prove e ti mette di fronte alle paure e alla grande maestosità della natura.
Il restauro del giardino è stato applicato cercando di mantenere lo stesso percorso di visita e scoperta originale, evitando anche le troppe spiegazioni. Vicino Orsini, infatti, si divertiva a non spiegare completamente le sue scelte scultoree, per verificare l’erudizione su miti e significati simbolici di ogni visitatore. A concedere un piccolo aiuto, le didascalie incise sulla pietra, che forse complicano ancora di più la situazione piuttosto che agevolarne la comprensione.
La famiglia Bettini e il restauro dal 1954
Durante la nostra visita, qualcuno ha messo sul parabrezza della mia macchina un volantino. Abbiamo chiamato e abbiamo deciso di fermarci a pranzo per “gustare” Bomarzo da un altro punto di vista.
Il signore che ci ha servito gli scifulati (buonissimi!) ci racconta che fino agli anni cinquanta, il parco era assolutamente nello stato più incolto possibile. Ci pascolavano addirittura le pecore, e quando il terreno del parco fu messo in vendita, anche il padre del signore pensò di acquistarlo.
“Nessuno si rendeva conto della potenzialità delle statue, nessuno capiva che avevamo tra le mani una meraviglia che avrebbe attratto persone e visitatori da tutto il mondo. Solo la famiglia Bettini se ne accorse e comprò il terreno. E anche qualche pittore che passò di qui capì l’importanza del luogo. Uno era Dalì”.
Le immagini che vedono Dalì all’interno del bosco di Bomarzo, sono del 1948, e le statue erano completamente disposte senza senso. Statue spostate, pezzi di personaggi, capitelli e resti sparsi ovunque. La famiglia Bettini acquista all’asta il parco nel 1954 e comincia subito un lavoro di recupero che vede ora i grandi risultati.
All’interno del tempio del Vignola, creato in onore di Giulia Farnese, sono presenti i ringraziamenti a questa famiglia che ha donato nuova luce ad uno dei luoghi più misteriosi e magici di tutto il mondo.