La categoria del mio blog, “cinema d’arte“, si può pregiare di un altro articolo, felicemente dedicato ad un’artista donna. Non potete capire la soddisfazione legata a ciò che sto scrivendo. Raccontare del documentario Entierro, Carmengloria Morales attraverso gli occhi della nipote, la regista e direttrice della fotografia Maura Morales Bergmann, mi dà grande soddisfazione.
Carmengloria Morales dovrebbe avere più visibilità nei libri e nei trattati di storia dell’arte
Prima di raccontare qualcosa sul proposito narrativo di questa biografia e lo straordinario risultato che è emerso dopo l’imprevisto dell’incendio, mi preme raccontare subito qualche informazione su Carmengloria Morales. Vorrei porre l’attenzione al curriculum di grande spessore, citando anche l’episodio nel quale l’artista poco più che ventenne vende un quadro a Lucio Fontana. E parlando di partecipazioni a personali o collettive, è doveroso menzionare alcune tappe della sua carriera. È possibile che essa sia stata rallentata forse dalla malattia che ricorre nel tempo, come racconta nel film, tuttavia credo che la partecipazione ai Documenta 6 di Kassel, o alla rassegna sulla Nuova Pittura a Ferrara (per me una tappa fondamentale del percorso dell’arte contemporanea) conferiscono grande valore al suo linguaggio. Riporto qualche riga del comunicato stampa.
Nel 1977 è invitata a Documenta 6 di Kassel. Negli anni Settanta partecipa alle principali rassegne sulla Pittura analitica e sulla Nuova Pittura tra cui Un futuro possibile. Nuova Pittura, Palazzo dei Diamanti, Ferrara (1973); Bilder ohne Bilder, Rheinisches Landesmuseum, Bonn (1977) e Abstraction Analytique. Fractures du monochrome au-jourd’hui en Europe, ARC 2 – Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1978). Sono inoltre da ricordare: Geplante Malerei, Westfälischer Kunstverein, Münster (1974), Radical painting, Williams College Museum of Art, Williamstown, MA (1984), Fundamental painting, Artline Galerie, Den Haag,Kunstverein, Arnsberg (1988), Abstrakt, Der Deutsche Künstlerbund in Dresden 1993, Militärhistorisches Museum, Dresden (1993), New York Abstract, CAC, New Orleans (1995), Le soglie della pittura. Francia Italia 1968 – 1998, Rocca Paolina, Perugia (1999), Unique Act, Dublin City Gallery The Hugh Lane, Dublin (2008). Attualmente vive e lavora a Sermugnano in provincia di Viterbo.
Detto ciò, e se mi leggete, sapete cosa sottintendo. Anche scrivendo di Yayoi Kusama, ho sottolineato il fatto di quanto sia misogino il mondo della storia dell’arte che ho studiato io, negli anni novanta. Un mondo accademico in cui i nuovi linguaggi erano proposti quasi esclusivamente attraverso occhi maschili. Mi sarebbe piaciuto erudirmi sull’arte materica degli anni settanta, sull’esplorazione dell’informale, anche tramite la forza dell’oscurità interiore che detta nuance metalliche alla sensibilità di Carmengloria Morales.
Entierro il documentario su Carmengloria Morales
“Entierro” di Maura Morales Bergman, è un documentario che rinasce dalle ceneri di un altro lungometraggio: “Destierro”, sempre della stessa regista. Il primo è strutturato come un dialogo tra Jorge Arriagada, musicista cileno, e l’artista. Dopo due anni di riprese, viene bruciato in un incendio domestico,. Dopo lo sconforto iniziale, la regista riprende in mano l’opera, forse consapevole che le fiamme l’avrebbero marcato come qualcosa di unico e irripetibile.
Le fiamme non firmano solo il documentario, risorto dalle sue ceneri e raccontato a ritroso (si narra dell’incendio e si ricostruiscono bene i fatti nella parte finale), ma anche una mostra, “Done by fire”, dove le opere, o ciò che rimane di loro, vengono esposte presso gli spazi della galleria Luca Tommasi in Via Tadino 15 a Milano dall’8 maggio al 17 giugno 2017.
La regista, nel documentario, mixa sapientemente scorci rudi, vivi e aspri della geomorfologia cilena che rivelano in dissolvenza le radici artistiche di Carmengloria. Ho amato tutti i parallelismi con la sovrapposizione del metallo e del colore acrilico materico che Carmengloria costruisce da sè. Geyser pastosi, blu a contatto con cielo e acqua e linee nette dell’orizzonte guidano lo spettatore verso una visione più consapevole delle opere correlate a queste visioni. Anche se Carmengloria rifiuta di andare in Cile, è il Cile a riaffiorare nei ricordi, nelle memorie. Emerge nell’oscurità all’artista tanto cara perché si definisce “mai visuale, mai impressionista”. Io la definisco viscerale, rude e autentica come la sua pennellessa, che altro non è che la sua mano.
“Io parto nera, l’oscurità tira fuori le mie idee”. Carmengloria Morales
Il concetto di distanza espresso nei dittici
In “Done by fire” i protagonisti sono perlopiù dittici. Fuoco e acqua (quella per domare l’incendio) arricchiscono la poetica artistica di Carmengloria esposta, che, a mio avviso, raggiunge il suo culmine nella metafora della “distanza”.
Per Carmengloria l’opera d’arte è sincera. Il dittico, forma di espressione protagonista nella produzione degli anni settanta, rivela allo spettatore con infinita chiarezza cosa può fare l’artista (in quella dipinta). Quella vuota ti ricorda la distanza dall’opera d’arte stessa, riaccende la coscienza sul fatto che stai ammirando un quadro.
Ecco le parole di Carmengloria stessa, gentilmente concesse dalla regista Maura Morales Bergmann.
“ La distanza che mi appartiene culturalmente è quella di sapere che stai guardando un quadro: nella parte dipinta c’è tutto quello che puoi fare come artista che sta agendo, poi c’è la tela vuota che è il prima, il dopo, l’immanenza. La coscienza nel quadro è quella che ti respinge e ti dice: “attento che stai guardando un quadro”!”
Consiglio di vederlo, perché narra le radici di un proposito artistico quasi senza descriverle, ma solo svolgendo visivamente parallelismi visuali di grande effetto.
“Entierro” è un’opera di Carmengloria che ora è pala d’altare, divisa in quattro parti, nel carcere di Viterbo, ed è l’opera che più è rimasta impressa alla regista e nipote Maura.
“Ricordo perfettamente quel giorno del 1999 in cui entrai alla mostra del Macro di Roma dove mia zia, Carmengloria Morales, aveva esposto per la prima volta l’Entierro. Quattro giganti tele in forma di pale di altare”.
Mi piacerebbe molto vederlo.